Con
queste parole inizia un piccolo trattato sulla bellezza tratto da un libro la
cui prima edizione risale al 1581, e che ha avuto numerose ristampe, a motivo
della simpatia che lo ha accompagnato nei secoli.
... Fu a
meraviglia bella nella faccia, ma in tutte le parti del corpo e che in lei sola
si trovavano tutte quelle bellezze, che mettono i Scrittori, che vuol avere una
bella donna, le quali notorò qui di sotto, acciocché le donne che si stimano
belle, possano vedere se tutte si trovano in loro.
Dico per
tanto, come bellezza di donna vuol trenta cose, distinte a tre per tre.
Dante Gabriel Rossetti (1828-1882) Elena di Troia |
Tre Bianche : carne, denti, e faccia.
Tre negre : occhi, cigli, e capelli.
Tre rosse : labbra, guance, e unghie.
Tre lunghe: persona, capelli, e mano.
Tre corte: denti, orecchie. E piede.
Tre larghe: petto, fianco, e fronte.
Tre strette: bocca, natura e centura.
Tre grosse : cosce, culo, e natura.
Tre sottili : capelli, labra. e dita.
Tre picciole: bocca, naso, e mammelle.
Vedi
Giovanni Nevizzani nella sua Nuzziale al libro secondo, al numero 93 il quale
dice che in Elena si trovavano tutte queste bellezze.
Siccome
la beltà arreca grandissimo contento all'animo nostro, così parimente porta
seco infinito travagli, e incomodi, e maggiormente quando che con bellezza non
vi è congiunta onestà.
Laonde Herminio Filosofo diceva che la
bellezza d’una donna, negli estranei poneva desiderio, e ne i propri sospetto,
ne i maggiori forza, ne i minori invidia, ne i parenti infamia, ed in se stessa
pericolo.
Siccome
i giovani cercano più tosto bella di faccia, che una onesta e virtuosa di
costumi; così la donna maritata per bella, aspettasi in vecchiezza mala vita,
seguendo per regola, che quello che è stato amato per bello è poi aborrito per
brutto.
Chi
si marita con bella donna, patisce di molti incomodi di superbia, e
sciocchezza; perché rare volte avviene, che bellezza, superbia, e pazzia non
abitano insieme, salvo sempre la bontà delle buone.
Bellezza
in faccia è pazzia in capo della donna, sono dui tarli che rodono la vita del
marito, e le sue facoltà.
O
infelice marito di bella donna, che quando ei dorme, vanno i girandoloni
intorno ad insidiare la sua casa, balestrando con gli occhi alle finestre
scalano le mura, scrivendo motti, sonando cetere, vegliando alle porte
guardando i cantoni, e trattano con ruffiane, se bene tutti tirano al bersaglio
della donna, colgono nondimeno nel tavolazzo della fama del misero marito.
M.
Tommaso Tomai da Ravenna
Fisico ed accademico.
Idea
del Giardino del Mondo,
Pagg. 117 E segg.,
III edizione
Napoli 1782, presso
Giuseppe-Maria Severino Boezio
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