lunedì 27 agosto 2012

Hitler ed Io (Primo capitolo)


OTTO STRASSER


 

 

HITLER ED IO


































EDIZIONI BERNARD GRASSET
Via dei santi Padri, 61
Parigi

Sono state riservate da questa opera quindici esemplari fuori commercio destinati al Madagascar, numerati MADAGASCAR I a XV









Tradotto dal francese nel 2012
Da
De Crescenzo Stefano
































Tutti i diritti di traduzione, di riproduzione e d’adattamento riservati per tutti i paesi, compreso la Russia
Copyright by Editions Bernard Grasset. 1940





Capitolo I

Il mio primo incontro
Con Hitler



Gregor Strasser
31/05/1892 - 30/06/1934
-          Vedi di venire a colazione da noi domani, ti farò conoscere il generale Ludendorff e Adolf Hitler   Ascolta, insito affinché tu vieni, è molto importante.
Otto Strasser
10/09/1897 - 27/08/1974
Questa telefonata di mio fratello Gregor mi arrivò a Deggendorf in Baviera dove passai le mie vacanze presso i miei genitori, nell’ottobre del 1920. Gregor aveva percepito la mia esitazione, conosceva le mie riserve nei confronti di Hitler e della sua propaganda,  tuttavia ebbe ragione della mia resistenza.
Accettai un invito che doveva decidere dell’orientamento di tutta la mia vita,
Qual è il giovane officiale tedesco che messo di fronte alla prospettiva di conoscere Ludendorff non è tentato? Qual è il giovane  che,  nello smarrimento in cui versava il mio paese , non aveva avuto la minima curiosità di conoscere il personaggio di Hitler, attorno al quale si aggregava la gioventù, avida di creare un avvenire nuovo?
Per di più che l’appello di mio fratello arrivò in quell’istante cruciale della mia esistenza dove, dopo aver lasciato i partito socialista, cercavo la mia via.
Sei mesi prima era esploso a Berlino il famoso Putsch di Kapp durante il quale avevo con velleità difeso la Repubblica di Weimar. Capo delle tre centurie  dei sobborghi di Berlino, avevo combattuto contro le brigate del  luogotenente-capitano Erhardt e il regimento del generale Luttwitz che voleva conquistare il potere ed instaurare un governo reazionario. Militarmente, le nostre forze, che si chiamavano “i rossi” in contrapposizione al “bianchi” reazionari, erano state battute. Erhardt era entrato da conquistatore a Berlino attraversando la porta di Brandeburgo, ed aveva la capitale ai suoi piedi, e si era rivolto a Kapp,
Wolfgang Kapp
24/07/1858 - 12/07/1922
Hermann Erhardt
29/11/1881 - 27/09/1971
Walther von Luttwitz
02/02/1859 - 20/09/1942
capo civile dell’insurrezione, vecchio governatore della Prussia orientale: ”Io vi ho messo il piede nella staffa,  gli aveva detto, ora sappiate regnare.”
Il governo legittimo, era fuggito a Stoccarda, e i putschisti goderono per tre giorni di una vittoria molto effimera.  Lo sciopero generale, immediatamente dichiarato fu seguito da bagarres nelle strade.
Cark WilHelm Severing nel 1919
01/06/1875 - 23/07/1952
Sanguinosi combattimenti ebbero luogo nella Ruhr nei dintorni di Wessel. Il generale Luttwitz, il colonnello Erhardt ed il governatore Kapp scapparono in Svezia. I socialisti tra le cui fila militavo, si dichiararono pronti a deporre le armi a patto di alcune concessioni, tra le quali l’epurazione dell’esercito, la socializzazione dell’industria pesante e del carbone; essi siglarono l’accordo di Bieledeld con il ministro Severing, e rientrarono nei ranghi. Ma i comunisti, insoddisfatti, proseguirono una lotta sanguinosa per reprimere la quale il governo di Weimar non esita a prendere accordi con i regimenti orfani di Lutwitz e di Erhardt, i perdenti in fuga. Allorché la rivolta comunista fu repressa, il governo parimenti rifiutò di mantenere le promesse fatte ai socialisti e dichiara che il ministro Severing non aveva l’autorità per siglare un accordo con noi.
E’ a seguito di questo scandalo che io avevo lasciato il Partito Socialista, e come giovane studente in diritto ed in scienze economiche, leader degli studenti della sinistra, capo degli universitari ex combattenti, mi trovai disorientato e scoraggiato dalla tortuosità degli avvenimenti in Germania.
Presso i miei genitori, i giorni si susseguivano simili a se stessi, simili a quelli della mia infanzia. Mio padre era ancora funzionario del tribunale della nostra città, continuava ad andare a messa tutte le domeniche, e a discutere di politica durante il percorso che conduceva dalla chiesa alla nostra casa. Aveva anche scritto una brochure anonima : "La nuova strada: Saggio sul cristianesimo sociale", e quest’opera dominava ancora tutti i suoi pensieri. E poi la casa era sempre più vuota.
Mio fratello maggiore, Paul era entrato nell'ordine dei Benedettini, mio fratello minore Anton era stato pensionato, Gregor , più anziano di me di cinque anni, si era sposato così come mia sorella.
Le prospettive della visita che dovevo fare l’indomani avevano ancora il merito di rompere la monotonia dei giorni, di farmi respirare una boccata di aria pura.
Ci sono cento chilometri tra Deggerdorf e Landshut, prefettura della Bassa Baviera, dove abitava Gregor con la sua giovane moglie. Presi il treno del mattino sotto un chiaro cielo d’autunno mi incamminai a piedi dalla stazione verso la grande strada, dove Gregor aveva la sua farmacia-drogheria, punto di incontro di tutti i notabili della città. Credevo di essere in anticipo, ma mi accorsi che le griglie di ferro della bottega erano chiuse e che un auto di bella presenza stazionava davanti alla casa. Il generale Ludendorff e Hitler, venivano da Monaco, prendendo la strada; essi erano arrivati prima di me.
Salii rapidamente gli scalini e mia cognata mi condusse nella sala da pranzo, dove già erano sistemati i coperti.
Erich von Ludendorff e Adolf Hitler
nel 1923
Le persone erano già presenti, Gregor fece rapidamente le presentazioni. Fui molto impressionato da Ludendorff; il suo viso duro poggiava su un solido doppio mento; il suo sguardo  imboscato  sotto delle sopraccigli curati aveva qualche cosa di pesante e di diretto che incuteva rispetto. Era civile, ma rimaneva generale dalla testa ai piedi e sentivo emanare da lui una potente concentrazione di volontà. L’altro in completo blu marino, si sforzava di tenere un pò di posto sulla sedia, di ripararsi all'ombra del temibile campo delle nostre armate.
Che dire del fisico di Adolf Hilter? Egli era ancora del tutto nuovo. L’uomo aveva trentuno anni , i tratti regolari i baffi a mosca. Il suo viso non era ancora indurito dall’azione feroce del pensiero. Sotto i suoi occhi, le borse  destinate a ingrandirsi in seguito non erano che un accenno; l’espressione stereotipata che mille ritratti avrebbero volgarizzato non prendono ancora il suo vero significato: Hitler era un uomo giovane, come gli altri uomini con colorito pallido, che esprimeva la mancanza di esercizio fisico, l’assenza della vita alla grande aria.

Noi passammo a tavola: l’occhio inquisitore di Ludendorff non mi lasciava. “Vostro fratello mi ha parlato di voi, disse, quanti anni di servizio?”
-          Quattro e mezzo, mio generale, l’arruolato più giovane di Baviera, tre anni soldato semplice e sott’ufficiale e un anno e mezzo sotto luogotenente e luogotenente, dal 2 agosto 1914 al 30 giugno 1919, due volte decorato.
-          Bravo, fece Ludendorff e, lavando il suo bicchiere, dove il calice verde chiaro riposa su un gambo massiccio, voleva brindare con ciascuno di noi. Naturalmente noi rispondemmo al suo gesto, ma nella mano di Hitler vidi con mia grande sorpresa una coppa riempita d’acqua limpida.
-          Il signor Hitler è antialcolico, spiega Gregor con il modo affabile del padrone di casa, è altrimenti anche vegetariano, aggiunge, dando uno sguardo alquanto inquieto a sua moglie.
Il rito viene a compimento. Ma candidamente la cognata senza emozioni lancia questa frase come una sfida:
-          Il signor Hitler non mi darà il dispiacere di rifiutare la mia cucina.
Nei suoi occhi, in tutta la sua attitudine si leggeva la sua antipatia istintiva per l’ospite che gli era stato imposto.
Mai Elsa approvò l’intimità di suo marito con Adolf Hitler. Subì la sua presenza durante gli anni che seguirono senza mai esprimere altrimenti la sua repulsione, senza mai smettere.
Quel giorno Adolf Hitler mangiò quella cucina; non credo che lo abbia più rifatto in seguito.
Ludendorff proseguì con le sue domande.
-          E come fu che voi foste proposto per l’ordine di Max-Joseph?
Questa decorazione, estremamente rara, che la fine della guerra mi onoro di aver ricevuto, mi era stata assegnata a seguito di un fatto d’armi siglato nel libro d’oro del primo reggimento d’artiglieria leggera della Baviera, una truppa d’élite nella quale ero stato fiero d’aver servito. Tutto baldanzoso, pieno d’orgoglio giovanile ed egotismo, raccontai al generale  l’avventura che aveva fatto la gloria della mia famiglia. Ludendorff mi ascoltò con attenzione, tanto che Adolf  Hitler, comprendendo di non essere stato altro che un caporale e di non aver alcun fatto d’armi da raccontare, si rinchiuse in un silenzio ostile.
Interpellato a più riprese da Ludendorff, egli non rispose che con “si, Eccellenza, Perfettamente Eccellenza”, in modo ossequioso e reticente.
Gregor, che anche lui era stato ufficiale, ma che un vincolo molto forte univa già ad Hitler, andava sempre più preoccupandosi. L’armonia della sua colazione rischiava di essere compromessa, I progetti che aveva fondato intorno ad essa minacciavano di crollare. Capo ei vecchi combattenti nazionali della Bassa-Baviera. Gregor aveva fuso in primavera i suoi veterani al movimento nazional-socialista; egli aveva fondato il primo distretto politico del movimento in provincia ed è così che è diventato il primo Gauleitier di Hitler. A questo titolo, nella qualità di padrone di casa, la piega che stava prendendo la discussione non poteva piacere. Con il dono dell’organizzazione che gli era stato proprio, e con l’autorità che può avere in provincia un farmacista, fondata sulle cure e i medicinali, egli era riuscito a convincere e a far confluire alla causa di Hitler i Bavaresi diffidenti e testardi. Poteva questo progetto incagliarsi per colpa di suo fratello?
Passammo nell’ufficio , locale buio ai duri mobili di quercia.
Il suo sigaro alle labbra, il generale,  affondato in una poltrona di pelle, meditava. Hitler, stava fermo;  camminava, testa bassa, ruminava senza dubbio la sua rivincita.
Bruscamente egli mi attacca frontalmente:
-          Non capisco, signor Strasser, come un vecchio ufficiale, della vostra tempra e della vostra lealtà, abbia potuto comandare le centurie rosse, al tempo del putsch di Kapp, nel mese di marzo.
Egli doveva aver appreso la storia da mio fratello e teneva alla fine il suo soggetto
-          Le mie centurie rosse, signor Hitler, sostenevano il governo legale. Non si trattava di ribelli come voi sembrate insinuare, ma belli e buoni patrioti che tentavano di fermare gli uomini di alcuni generali rivoltosi reazionari.
-          No, disse Hitler, preso a poco a poco  da una febbrile agitazione, io non desidero attenermi alla lettera, ma comprendere lo spirito delle scelte: il putsch di Kapp era necessario, benché tentato con dei mezze inefficaci. Egli voleva rovesciare il “governo di Versailles.”
Mai in seguito, ho sentito parlare Hitler di Repubblica di Weimar, ma sempre de “il governo di Versailles”, e diceva queste parole con un disgusto profondo.
La situazione non era più facile. Se mi fossi trovato da solo con Hitler, avrei risposto senza prudenza alcuna e con la veemenza che mi è propria. Ma c’era Ludendorff, il cui ruolo durante questo famoso putsch non era stato del tutto chiaro. Si era trovato a Berlino “Unter den Linden” nel momento stesso in cui entrarono le brigate vittoriose di Erhardt. Uno spettatore solamente? Un complice segreto? Non l’ho mai saputo.
-          I reazionari, feci, hanno abusato di ufficiali patrioti che ignorano la politica. Kapp aveva durante la guerra parteggiato apertamente con Tirpitz, la reazione prussiana, i Junker, l’industria pesante. Thyssen e Krupp. Si trattava ne più ne meno di un colpo di stato.
Ludendorff, che era sembrato distratto, prese allora la mia parte.
-          Ha ragione, quel putsch di Kapp non rispondeva a niente;  un palliativo per gabbare il popolo per poi dispensarsi dall’impiego della forza.
D’un colpo Hitler. Ridivenuto succube e docile in apparenza, lancia un “perfettamente eccellenza” sonoro , poi continua con una voce sorda: “E’ lo scopo del mio movimento . Voglio infiammare il popolo verso l’idea di rivalsa. Solo il popolo e il suo fanatismo totale ci possono consentire di vnincere la prossima guerra.”
Ero indignato da queste concezioni e mi opposi con ardore.
-          Non si tratta di rivincita, ne si tratta di guerra. Il nostro socialismo deve essere “nazionale” per istituire un ordine nuovo in Germania, e non per partire verso una nuova politica di conquiste.
-          Sì, disse Gregor, che ascoltava molto attentamente, alla destra noi prendiamo il nazionalismo, che per sua tara ha sposato il capitalismo, alla sinistra noi prendiamo il socialismo il cui con l’unione con l’internazionalismo è disastrosa. Così formeremo questo socialismo-nazionale, forza motrice di una nuova Germania e di una nuova Europa.
-          E, aggiunsi, la base di questa alleanza dovrà basarsi sulla parola socialismo. Non chiamate il vostro programma Nazionalsocialismo in un'unica parola, signor Hitler? La grammatica tedesca indica che in questo genere di parole composte la prima serve da qualificazione alla seconda che è l’essenza.
Gli citai qualche esempio irrefutabile, la lingua tedesca è ricca di nomi composti di questo genere. Vidi arrossire; sula sua fronte una barra verticale incavava una piega profonda
Alfred Rosemberg
12/01/1893 - 16/10/1946
-          A meno che, insinuai, inorgoglito da questa innocente malizia, che il vostro consigliere, il Signor Rosemberg, con conosce abbastanza il tedesco per apprezzare questa regola?
-          “Abbastanza di sofisma logico”, grida Hitler facendo cadere un pugno sul tavolo, tenta di riprendere il controllo di se e con un sospiro equivoco, molto seriamente, molto teatrale, si rivolge a Gregor:
-          Vostro fratello e un piccolo bruto intellettuale, con il quale avrò difficoltà a intendermi.
Fui testimone allora di una delle sue acrobazie oratorie delle quali Hitler doveva fornire molti esempi nel futuro. Eludendo abilmente la discussione e dove il suo spirito di primario non poteva seguirmi, scansando il soggetto vero, la politica deficitaria si rifugiò nell’antisemitismo.
-          Voi non potete così isolare i concetti, gridò rivolgendosi di nuovo a me; io vi parlo, di realismo, e la realtà è il Giudaismo. Guardate al comunista giudeo che fu Marx,  guardate il capitalismo giudeo che è Rathenau. Tutto il male viene da questa gente. Essi dominano il mondo. Dopo che li ho conosciuti, dopo che li ho compresi, io non posso più incontrare un uomo per strada senza che mi domandi se è giudeo o no. La stampa social-democratica è diretta dai giudei. Sotto la copertura di ideali socialisti. Essi celano sofismi demoniaci. Vogliono distruggere la nazione, livellare le differenze delle razze. I giudei conducono i lavoratori, parlano di emanciparli dal loro destino; in realtà vogliono asservirli per stabilire la dittatura internazionale del giudaismo. E quello che non riusciranno a ottenere con la persuasione lo otterranno con la violenza. La loro organizzazione è impeccabile, hanno degli ausiliari nei nostri ministeri, persino nei posti più elevati, sono assecondati dai loro correligionari in tutti i paesi, sono il fermento della distruzione, portano lo svilimento dell’individuo e dei popoli …
Più l’eloquenza di Hitler si sforzava di essere persuasiva, più il mio spirito critico s’aguzzava. Si fermò per prendere fiato e mi vide sorridere.
-          Voi non li conoscete, Signor Hitler, e, permettetemi di dirvi, li sovrastimate. Il giudeo, consentitemi,  è avanti tutto adattabile. Egli sfrutta le possibilità esistenti, non crea nulla, Si attacca al socialismo, utilizza il capitalismo, sfrutteranno persino il nazional-socialismo, per quel poco che potranno. Si piegano alle circostanze con una flessibilità alla quale non possiamo paragonare che il cinese.  Marx non ha inventato niente. Ha sempre visto nel socialismo tre possibilità. Marx ha studiato la possibilità economica con il buon tedesco Engels, l’italiano Mazzini ha esaminato il lato nazionale e religioso della questione, e Baukonine ha affrontato l’elemento nichilista, dal quale doveva nascere il bolscevismo. Vorrete acconsentire con me che il socialismo non ha per nulla un origine giudaica.
-          Certamente no, acconsente Ludendorff, i vecchi principi economici sono tramontati. La base di un rinnovamento è affidata ad un socialismo nazionale ben compreso che renderà la prosperità al nostro paese.
-          Io, disse Hitler cocciutamente, voglio dare a questo popolo il colpo di frusta che lo raddirizzerà e lo renderà capace di annientare la Francia.
-          Voi mettete dunque l’accento sulla parola nazionalismo: ancora una volta devo dissentire da questa idea. Non approvo certamente il trattato di Versailles, ma l’idea di una guerra contro la Francia mi sembra stupida. Verrà il giorno in cui i nostri due paesi si dovranno alleare per combattere il bolscevismo russo.
Hitler fece un gesto di impazienza.
Franz von Epp
16/10/1868 - 31/12/1946
         Mi venne in mente improvvisamente il terrore rosso di Monaco, allorquando ancora ufficiale, non appena uscii dall’ospedale, fui  assegnato alla formazione del generale Epp per combattere i Bolscevichi di Baviera. Dove si trovava Hitler quel giorno? In quale angolo di Monaco si rintanava il soldato che avrebbe dovuto combattere con noi!
Come se egli avesse potuto leggere i miei pensieri, si avvicina a me e mi batte familiarmente sulle spalle, e fece appello a tutto il suo charme :
-          Che volete, amo ancora preferirei essere appeso ad un patibolo più tosto che essere ministro di Germania per grazia della Francia.
Ludendorff si alza, per prendere congedo , e Hitler lo segue.
-          E bene? Fece mio fratello quando rientrò dopo aver accompagnato i due uomini.
-          Ludendorff mi è piaciuto, dissi, non è un genio, come Condrad von Hotzendorf, il generalissimo misconosciuto delle armate Austro-Ungariche, ma è un uomo. Quanto ad Hitler, io lo trovo troppo servile con il generale, troppo manovratore nella discussione e nell’arte di isolare l’avversario. E’ senza convinzioni politiche: ha l’eloquenza di un retore.
-    Può essere, rispose Gregor,  ha il caporale piantato in corpo. Purtroppo emana qualche cosa da lui, una suggestione alla quale è difficile sottrarsi. Quali belle opere potremmo fare esprimendo le tue idee attraverso la sua bocca e noi ci serviamo per l’azione dell’energia di Ludendorff e della mia capacità di organizzatore.

venerdì 24 agosto 2012

Uno squarcio sul passato ...


Fonte: Nuova descrizione storica e geografica delle due Sicilie, Volume 3, Libro IV, Capitolo IV pag 163. Napoli, 1789

La Nunziata di Marcianise ha di rendita ducati 10mila, che potrebbe essere al doppio, se fosse bene amministrata. Tutte le rendite non si esigono, per aver riguardo a certi debitori. Riceve pochi infermi nell'ospedale che tiene letti per li due sessi, il conservatorio si è distrutto, e gli esposti si mandano a Napoli o a Capua, assai mal custoditi. Spende molto in fabbriche, il che ha dato luogo a molte depredazioni.

Popolazione: 5575, al 1788


Orfani alla ruota:
Anno 1785     
Bambini venuti Morti alla ruota Morti nelle case Viventi che si allevano
09 04 01 04


Anno 1787    
Bambini venuti Morti alla ruota Morti nelle case Viventi che si allevano
04 03 00 01